"Big Ben Down: Apocalypse and Indifference", un'opera d'arte digitale concettuale stampata su tela dall'artista e scrittore Alessandro Butera, è una sconvolgente visione di un futuro distopico, un grido di allarme che echeggia tra le macerie di una civiltà al collasso. Ambientata in una Londra irriconoscibile, l'immagine non è solo una raffigurazione di catastrofe, ma un'amara riflessione sull'indifferenza umana nell'era digitale.
Il Big Ben, icona di stabilità e storia, è minacciato, quasi sul punto di crollare sotto un cielo striato di meteore infuocate. È il simbolo di un mondo che finisce, di valori che crollano, di un futuro incerto. Ma la vera tragedia si svolge a livello della strada, dove la folla, simbolo di una società omogeneizzata, ignora l'imminente apocalisse.
Al posto delle teste, la maggior parte delle persone sfoggia schermi LED verdi, volti digitali inespressivi che riflettono un'uniformità inquietante. Sono schiavi di un imperativo "GO", un mantra digitale che li spinge a continuare, a consumare, a non vedere. Questo "GO", ripetuto ossessivamente, è la chiave di volta dell'opera, la rappresentazione di una dipendenza tecnologica che ci acceca alla realtà.
E mentre il mondo brucia, uomini e donne, non ancora trasformati in automi digitali, restano incollati ai loro smartphone, assorbiti da un mondo virtuale che li isola dal pericolo, dalla sofferenza, dall'umanità stessa. Anche un uomo a terra, ferito e vulnerabile, continua a fissare lo schermo del suo telefono, dove è visualizzato quel beffardo "GO" che lo ha condotto alla rovina. È un'immagine di totale disconnessione, di un'alienazione che ci rende estranei a noi stessi e al mondo.
"Big Ben Down: Apocalypse and Indifference" è un'opera che non fa concessioni. È un potente atto d'accusa contro la nostra apatia, contro la nostra dipendenza tecnologica, contro la nostra incapacità di vedere oltre l'illusione di uno schermo. Alessandro Butera, con la sua arte provocatoria e visionaria, ci costringe a confrontarci con le nostre paure più profonde e a interrogarci sul futuro che stiamo costruendo. È un invito a reagire, a riscoprire l'empatia, a trovare un senso di comunità prima che il Big Ben crolli definitivamente, portandosi dietro le ultime vestigia della nostra umanità.
L'opera d'arte viene spedita arrotolata in un tubo come se fosse una stampa su tela.